Catalogo dei beni culturali
Musei civici del comune di trieste
L’esemplare in marmo del Sogno di Primavera, del quale si conoscono varie redazioni (Berlino, Galleria Nazionale; Roma, Museo Canonica), è da ritenersi una delle più fortunate interpretazioni della scultura tardottocentesca. Canonica ne mostra l’aspetto più luminoso, ripercorrendo la lezione dei classici del Rinascimento alla ricerca di una bellezza formale che rendesse, nella superficie levigata e preziosa, anche quella profondità spirituale e la complicazione psicologica attraverso lo studio rivolto al naturale, per coglierne così gli aspetti più oscuri. Opportunamente Pica e Ojetti (1899) avevano messo in guardia dall’affettazione di quel marmo «accarezzato», rivelandone i rischi racchiusi nell’apparente semplicità che poteva invece trascendere in un’esecuzione neobarocca. Certamente un tale artista, in bilico tra l’appassionata ricerca della forma attraverso la strada di una tecnica sofisticata e l’esposizione del suo contenuto allusivo, poteva dirsi uno dei massimi continuatori del romanticismo letto in chiave simbolista. E così nel Sogno di Primavera lo scultore si richiama a un verso di Alfred de Musset tratto da La Nuit de Mai («La bouche garde le silence / Pour écouter parler le coeur»; sul basamento), per evocare il silenzioso dialogo con la propria Musa ispiratrice, cogliendo il nesso figurale che lo lega, in una tutta nuova sensibilità decadente, alla meditazione sulla stessa scultura. Quasi a voler dar corpo al suo carattere pensoso e solitario, Canonica nel Sogno di Primavera ricerca una “fermezza” formale che si rifà ai modelli quattrocenteschi di Francesco Laurana, Donatello e Leonardo, come puntualizzò Primo Levi l’Italico vedendo una replica, oggi non rintracciabile, all’esposizione di Monaco. Pietro Canonica incominciò a esporre opere alla Biennale veneziana a partire dalla prima edizione del 1895, risultando uno dei più assidui frequentatori tra gli scultori di fama. Nel 1912 venne allestita un’importante personale dove l’artista presentò diciassette opere, la maggior parte delle quali erano dei ritratti, rinunciando al repertorio funerario con una chiara intonazione “salottiera”.
Gregorat Susanna, Coslovich Barbara, La scultura. Museo Revoltella Galleria d'arte moderna, Trieste, 2022, pp.86-87