Catalogo dei beni culturali
Musei civici del comune di trieste
Nel 1968 Deluigi fu presente alla Biennale di Venezia con una mostra personale di 18 opere degli anni 1963-67 e vinse il premio “Gavina S.p.A.”, ex aequo con il pittore belga Luc Peire; ciò riconfermò l'importanza del pittore veneziano nel panorama artistico contemporaneo e fece percepire come una lacuna, ai curatori del Museo Revoltella, il fatto che egli non figurasse nella collezione museale. La mancanza di fondi per gli acquisti (dovuta alle ingenti spese per la realizzazione della nuova ala del museo) li indusse a rinunciare all'ormai consolidata prassi di acquisto alla Biennale di Venezia e a trattare direttamente con l'artista per ottenere una sua opera in cambio di un compenso simbolico. Deluigi – così come fecero, sempre nel ‘68, anche Fontana, Burri, Mirko, Capogrossi e Music – rispose positivamente alla proposta e, tramite il suo gallerista Renato Cardazzo della Galleria del Naviglio di Venezia, cedette "Spazio-Luce 28" al prezzo simbolico di 500.000 Lire (circa un quarto della coeva quotazione di mercato). Come riferì Cardazzo in una lettera indirizzata al direttore del museo - oggi conservata nell'Archivio Amministrativo di quest'ultimo - Deluigi si era detto molto contento di avere una sua opera al Revoltella e per questo motivo aveva offerto un pezzo rappresentativo della sua poetica, già esposto nel 1959 all'VIII Quadriennale di Roma. L'opera in esame appartiene alla fase matura della produzione dell'artista, che, dopo essere stato allievo di Ettore Tito e Virgilio Guidi ed essersi avvicinato al cubismo e al surrealismo (al quale rimandano gli organismi dipinti tra il '47 e il '49, sospesi in quello che l'autore ha definito “spazio fisiologico”), aveva firmato, a Milano, il quarto "Manifesto dell'arte spaziale" (1951) e il "Manifesto del movimento spaziale per la televisione" (1952). Nell'ambito di queste ricerche Deluigi aveva studiato, in particolare, i rapporti tra luce e colore, da lui considerati fattori determinanti la “condizione” dello spazio. Questa ricerca lo spinse a ideare, nel 1953, la tecnica del grattage, che impiegò in tutta la sua produzione successiva. Essa consiste nell'intervenire sulla superficie pittorica – costituita da una sovrapposizione di strati gessosi colorati - con dei segni creati in negativo, ossia non dipinti ma incisi negli strati superficiali del dipinto. Tali abrasioni, ottenute con mezzi appuntiti come bisturi, taglierini, lamette, ma a volte anche con il dorso del pennello o con la spatola, fanno riemergere i colori o il bianco del gesso, precedentemente stesi, creando un gioco di luci e ombre e di pieni-vuoti. In questa operazione “il segno è controllato nella sua libertà, dosato nella sua variazione; e nulla è lasciato al caso” (G. Bianchi, in cat. mostra Grattages, Treviso, Galleria l'Elefante, settembre – ottobre 2001, Treviso 2001), poiché l'artista intende restituire visivamente un'idea dello spazio inteso “come espressione (eloquenza) dei vuoti” o come “modulazione tra luce e ombra”, annotata anche nei suoi taccuini della metà degli anni '50. Nel dipinto del Revoltella Deluigi ha variato la trama del grattage rendendola più fitta nella parte centrale, dove la concentrazione di luce genera una sorta di vortice risucchiante che trascende la separazione tra spazio pittorico e spazio reale. Ad accentuare l'effetto dinamico di tale spirale di luce-colore concorre, inoltre, la rotazione di quarantacinque gradi della tela quadrata.
Il Museo Revoltella di Trieste, a cura di Maria Masau Dan. Vicenza : Terraferma ; Trieste : Museo Revoltella, 2004, pp. 190-191