Catalogo dei beni culturali
Musei civici del comune di trieste
Appartenuta fino al suo ingresso nel patrimonio museale alla famiglia di Antonio Marussi, matematico triestino e discendente del pittore, questa "Veduta di Trieste" rappresenta un soggetto molto amato da Piero Marussig, che nei suoi anni triestini, e in particolare tra il 1914 e il 1917, eseguì molte versioni del panorama che si spalancava davanti alla sua villa di Chiadino, situata nella parte alta di Vicolo Scaglioni. Definita “una specie di buen retiro che gli consentì di meditare e di elaborare in proprio le esperienze acquisite” (G. Marussi), questa amata residenza era una vecchia villa padronale che Marussig acquistò dopo il suo ritorno a Trieste (1906) per poter mettere a frutto, nella pace della collina sovrastante la città, tutto ciò che aveva imparato nei soggiorni di studio effettuati, a partire dal 1899, a Vienna, Monaco, Roma e Parigi. Come ricorda egli stesso, citato ancora da G. Marussi, “a Parigi sono stato un anno e mezzo, poi me ne sono tornato a Trieste nella mia casa di campagna. E lì ho cominciato a riflettere, a controllarmi sulla natura. A Parigi dipingevo in una sorta di postimpressionismo a modo mio. A Trieste facevo dei paesaggi nei quali mi importava rendere l'unità del colore. Non andavo cercando il colore degli oggetti: la realtà mi appariva dominata da una irradiazione luminosa, della quale mi studiavo di cogliere il senso tonale.” La villa, circondata da un giardino ottocentesco pieno di atmosfera, fu una fonte continua di ispirazione e Marussig ne ricavò dipinti che restano tra i suoi capolavori. Talvolta si tratta di ampie vedute del panorama urbano, come quella in esame, che ritroviamo almeno in altre due versioni modificate soprattutto nel primo piano, a dimostrazione di come l'artista cercasse di volta in volta un nuovo punto d'osservazione utile alla costruzione di piani spaziali, ma spesso la scena è più ristretta, ripresa dentro le mura domestiche e all'ombra degli alberi. Sono istantanee di una vita che trascorre nell'agio e nella serenità, lontana dal rumore cittadino ma anche dalla tragedia della guerra: la moglie che dorme sull'amaca, il caffè con gli amici sotto l'ippocastano, la conversazione fra donne. Nel 1919, però, anche quest'isola felice non basta più al pittore, che, venduta la villa, si trasferirà a Milano, dove anche la sua pittura abbandonerà le ricerche sul colore di matrice fauve e secessionista per entrare nel clima tutto italiano del Novecento.
Il Museo Revoltella di Trieste, a cura di Maria Masau Dan. Vicenza : Terraferma ; Trieste : Museo Revoltella, 2004, pp. 150-151