Pastorelli

Michetti, Francesco Paolo

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Oggetto
dipinto
Inventario
REV000238
Collocazione
Museo Revoltella - Galleria d’arte moderna ; REV
Acquisizione
acquisto; Galleria Pisani, Firenze; 1907
Cronologia
1905
Dimensioni
cm; altezza 28; larghezza 35,5
Materia e tecnica
tela/ pittura a olio

Il quadro dell'artista abruzzese non fu l'unica opera acquistata presso la famosa galleria fiorentina. In quell'occasione, infatti, Tominz e Scomparini dopo aver valutato le opere esposte alla galleria, appartenenti ad una collezione privata che raccoglieva dipinti di artisti italiani e stranieri della seconda metà del XIX secolo, optarono per una serie di "quadretti" di particolare rilievo, per la somma finale di 16.500, pattuita in seguito ad un'estenuante trattativa (Cuderi, 1995-'96). La modalità d'acquisizione delle quattro opere (oltre a Michetti, comparivano Barbudo, Barabino e Mosè Bianchi), costituì un'eccezione rispetto alla prassi consueta, in base a cui gli acquisti venivano effettuati per lo più in seno alle biennali veneziane o entro le mura cittadine. Il piccolo olio di Michetti, il cui valore monetario superava di gran lunga il prezzo degli altri tre dipinti (il prezzo unitario risulta essere di 12.000 lire, Archivio del Museo Revoltella, 4 maggio 1905), non è neppure l'unico lavoro dell'artista di Tocco Casauria nelle Collezioni del Museo. Si affianca ad esso, infatti, un dittico (olio su legno) intitolato Contadini abruzzesi (vd. scheda successiva) ed alcuni disegni a pastello, a tempera, gesso e carboncino costituenti la donazione di Giuseppe Angeli, passata alla raccolta museale nel 1921 (Archivio del Museo Revoltella, nota indirizzata alla Presidenza Municipale, 1922). Il dipinto Pastorelli delle Collezioni del Revoltella, oggetto del presente approfondimento, si inserisce a pieno titolo nell'ambito di quella parte della copiosa produzione michettiana che sembra risultare pervasa da una "tappezzeria di sensazioni sfarfallanti e stracciate" (Barilli, 1988), pittoricamente tradotte nell'infinita serie di pennellate frante e spumeggianti. L'antecedente di questo specifico fare pittorico, affiancato ad una produzione più meditata e composta che egli elaborò a partire dagli anni Ottanta (il Voto), viene generalmente individuato nella grande tela del Corpus Domini, realizzata per l'esposizione napoletana (1877) che decretò la piena affermazione dell'artista abruzzese in Italia e all'estero. Tuttavia, la sensibilità rivolta alla terra d'origine, non disgiunta dall'attenzione riservata alla descrizione meticolosa della sua gente e i relativi costumi, si delinea anche nei primissimi anni dell'esperienza napoletana. Non il Morelli e neppure il Palizzi o il Dalbono, che riconobbe subito la singolare personalità artistica del Michetti, suggestionarono in modo determinante le sue prime realizzazioni naturalistiche, bensì la "nostalgia" dell'Abruzzo natio che lo sospinse a vagabondare nei dintorni di Napoli, alla ricerca di ambienti familiari. "Ama i bimbi, le piante, i fiori, gli animali. I primi modelli che spontaneamente sceglie sono una Rosina e Costantino: i due fanciulli campagnoli che egli incontrava per uno dei sentieri con maggiore frquenza battuti. Ancora le loro teste, illuminate di meravigliosi sorrisi, si affacciano tra il verde di talune tavolette preziose" (Sillani, 1932). Gli stessi fanciulli potrebbero avere ispirato i protagonisti del piccolo olio in esame, ritratti alla testa di una fila ordinata di pecore, mentre avanzano con passo deciso verso l'osservatore, contraddistinti dalla serenità e spensieratezza che accomuna gli innumerevoli bimbi michettiani. A un'analisi più ravvicinata emerge il contrasto tra la restituzione compatta e turgida dei volti rosati, delle braccia, dei piedi dei bambini e la fluidità generale di colori e forme in cui appaiono immersi. Il leggerissimo ma evidente contorno scuro, definisce l'incedere delle due figurette sul terreno molle e vibrante, conferendo peso e suggerendo una vaga idea di profondità, accentuata ulteriormente dal rimpicciolimento progressivo e graduale degli animali alle loro spalle. L'insistenza su alcuni dati di eccessiva descrittività, talvolta superflui al discernimento del "vero", lasciano trapelare soprattutto una delle due anime dell'artista, individuate da Ojetti: quella del Michetti "idillico e capriccioso e scherzoso in cui il sottile veleno fortuniano è rimasto presente e l'inebbria tanto che ogni quadro di lui, sembra sempre una scommessa, vinta con lieta bravura " (Ojetti, 1929).

Bibliografia

Il Museo Revoltella di Trieste, a cura di Maria Masau Dan. Vicenza : Terraferma ; Trieste : Museo Revoltella, 2004, pp. 98-99

Il Museo Revoltella di Trieste, a cura di Maria Masau Dan, Vicenza, Terra ferma, 2004, pp.98-99
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