Statua naufragata

Nathan, Arturo

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Oggetto
dipinto
Inventario
REV002182
Collocazione
Museo Revoltella - Galleria d’arte moderna ; REV
Acquisizione
donazione; autore; 1931
Cronologia
1930
Dimensioni
cm; altezza 65; larghezza 91,5
Materia e tecnica
tela/ pittura a olio

Esposto alla Prima Quadriennale d'Arte Nazionale di Roma nel 1931 - dove Nathan era presente anche con l'olio "Spiaggia abbandonata", acquistato dal Museo d'Arte Moderna di Milano - questo dipinto è stato presentato nell'autunno dello stesso anno alla V Esposizione d'arte del Sindacato Regionale della Venezia Giulia, tenutasi a Udine. Qui figurava, assieme all'opera "Solitudine" ("Il passaggio del veliero"), datata 1930, nella prima sala del Palazzo Comunale, dov'erano state collocate anche le opere di Edgardo Sambo ("I tre modelli", 1929) e di Carlo Sbisà ("La Venere della scaletta", 1928), in seguito entrate a far parte della collezione del Revoltella. Nathan - i cui lavori erano stati definiti da Silvio Benco “originali e tormentati” (b., La V Mostra d'arte della Venezia..., 18 ottobre 1931) – emergeva nel panorama artistico regionale come uno dei pittori più moderni e promettenti e il fatto che non fosse ancora rappresentato nel museo della sua città natale era stato percepito, proprio in quest'occasione, come una lacuna da colmare. Per questo motivo, il 7 settembre del 1931 – come risulta dal relativo verbale della seduta del Curatorio - il Museo Revoltella incaricò Ugo Flumiani, Umberto Nordio e Cesare Sofianopulo di avviare le trattative per l'acquisto di una sua opera, ma, da quanto risulta dai documenti inventariali, alla fine di settembre, l'artista aveva già donato al museo il presente dipinto assieme all'opera "Scoglio incantato", del 1931, valutati 5.000 Lire cadauno. La realizzazione di questo dipinto risale al 1930, anno in cui Nathan incontrò per la seconda volta, a Milano, Giorgio de Chirico. La pittura metafisica aveva sempre esercitato su di lui un grande fascino, tanto da indurlo a recarsi a Roma, nel 1925, per conoscere direttamente il suo fondatore . Riguardo al loro secondo incontro, de Chirico scriverà: “la sera si cenava insieme e poi, fino a tardi nella notte, si passeggiava per le vie della città lombarda. Ricordo una notte, era maggio e c'era la luna e lo condussi a vedere il monumento equestre di Missori e gli parlai a lungo della metafisica che acquistano i monumenti e le statue, in mezzo alle pubbliche piazze, quando sono posti su zoccoli bassi in modo che sembra partecipino alla vita della città” (G. de Chirico, Arturo Nathan, pittore e poeta, in “Domenica”, 3 giugno 1945). Dopo questo secondo contatto Nathan abbandonò il “tormento per la ricerca lineare” (D. De Tuoni, Alla Mostra del Giardino Pubblico. Di alcuni pittori, in “Il Popolo di Trieste”, 20 novembre 1927), che aveva caratterizzato la precedente produzione, tra cui l'Asceta (1927) del Museo Revoltella, per una stesura più sciolta del colore e una tavolozza più cupa, aspetti che hanno fatto talvolta richiamare i nomi di Turner e di Claude Lorrain (U. Appollonio, in XXIV Biennale…, 1948, p. 38). Nathan, a differenza di de Chirico, non collocò i reperti antichi in desertici spazi urbani, ma in desolati paesaggi marini dove “tutto è immerso in un'atmosfera di mistero, di straniamento. Il suo mondo sembra una notte senza fine, un inverno perenne, dove le cose, sparpagliate senza un senso apparente, vengono illuminate da bagliori improvvisi e innaturali che generano forti contrasti tra luce ed ombra. È un mondo di cose inutili dove tutto sembra avere smarrito la sua ragione di esistere: colonne che non reggono nulla, statue cadute, muri diroccati, navi colate a picco, ancore abbandonate sulla riva, fari spenti, alberi secchi” (M. Masau Dan, Volti, Arte e psicanalisi, p. 27). In questi luoghi dell'anima, dove il mare sembra alludere alle profondità dell'inconscio, la bellezza e l'armonia sono sopraffatte dal male e dall'oblio, così come i frammenti superstiti di vestigia classiche soccombono al cielo plumbeo e minaccioso, mentre le navi incagliate rivelano l'abbandono di ogni speranza di fuga e di libertà. Seguendo forse il suggerimento di de Chirico, anche Nathan umanizzò spesso le sue sculture, come in questa divinità naufraga dagli occhi chiusi, che pare immersa in un sonno profondo, e nella grande testa di marmo dall'espressione preoccupata che compare in "Scoglio incantato", l'altro dipinto donato dall'autore al Revoltella nel 1931. Entrambe le opere, come gran parte della produzione di Nathan degli anni Trenta, sembrano premonizioni del tragico destino del pittore. Con l'emanazione delle leggi razziali del 1938 esse furono rimosse dalle sale espositive del Revoltella e collocate in locali chiusi visitabili solo dagli studiosi (si veda M. Masau Dan in "Arturo Nathan. Illusione e destino", p. 8). Poco dopo la morte dell'artista e la fine della guerra, la sua figura è stata commemorata con la mostra retrospettiva curata da Umbro Appollonio alla Biennale di Venezia del 1948, dov'è stata esposta anche l'opera in esame assieme ad altri quattro significativi dipinti. L'ultimo lavoro di Nathan entrato a far parte della collezione del Revoltella è l'olio del 1934 "Spiaggia con frammenti" (pubblicato anche con il titolo di "Cavallo in laguna"), primo acquisto effettuato dal museo dopo la riapertura, nel 1991.

Bibliografia

Il Museo Revoltella di Trieste, a cura di Maria Masau Dan. Vicenza : Terraferma ; Trieste : Museo Revoltella, 2004, pp. 156-157

Il Museo Revoltella di Trieste, a cura di Maria Masau Dan, Vicenza, Terra ferma, 2004, pp. 156-157
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