Catalogo dei beni culturali
Musei civici del comune di trieste
Il 25 febbraio 1927 nel verbale della seduta del Curatorio di quel giorno si dichiarava di “aver ricevuto in consegna il quadro di Nomellini “Primavera” dono del Comm. Castiglioni di Vienna.” Il dipinto, realizzato nel 1925, anno in cui il pittore livornese pronunciò il discorso per il monumento a Giovanni Fattori a Livorno, appartiene a quella fase della sua produzione artistica in cui, ormai svincolatosi dall'adesione più completa alle teorie divisioniste della luce (opere dell'ultimo decennio del XIX secolo, come Il golfo di Genova, Il naufrago, La pesca, ecc.), Nomellini sperimentava “un suo personalissimo divisionismo a pennellate più grandi con colori accesissimi, quasi «fauve»”. Anche se, come specificava la nipote Eleonora Barbara Nomellini, qualsiasi teoria fu sempre per lui “solo il mezzo per rappresentare anche con forma nuova gli stati d'animo, che sentiva urgere in sé.” Lo studio della luce e dei conseguenti effetti di quest'ultima sul colore nelle diverse ore della giornata, problema ‘cardine' della pittura impressionista, impegnò il pittore fin da giovanissimo: “Anche quando ero piccolo, -scriveva negli Appunti autobiografici, conservati presso l'Archivio Nomellini a Firenze- ricordo, seguendo mio padre alla caccia con la civetta, non curavo gli uccelletti […] mi estasiavo del primo sole che, traverso le ragnatele tra l'una e l'altra fronda, indorava quei sottili velami. E le nubi, e la luna errante, e le schiume marine, sembravami che per me svariassero le nubi nell'abisso celeste, componevano apparizioni veloci di giganti, l'onda, nel trapasso sembrava come nella sua rete verde, rotolasse grandi serpenti lucidi.” Vi è in nuce in questa descrizione -scrive ancora la nipote dell'artista- “l'osservazione della luce, la natura concepita come meraviglia che sconfina nel fantastico e si inviluppa nelle raffigurazioni del mito. E luce, natura, mito, sono il cardine del suo sentire, del suo cercare di esprimere con la pittura tutto quello che turbinava nella sua anima.” (Eleonora Barbara Nomellini, 1998) Luce, colore e trasfigurazione mitica in uno spazio naturale aperto e apparentemente infinito sono anche i caratteri peculiari del dipinto del Museo Revoltella, in cui forse l'artista, amico di poeti (Giovanni Pascoli) e musicisti (Giacomo Puccini), ritrasse una delle figlie in età adolescente, Laura, sul balcone di una casa al mare, magari a Quercianella, in provincia di Livorno, dove la famiglia Nomellini trascorse i periodi estivi tra il 1924 e il 1926. Come una brezza estiva, il cui andamento sembra ribadito dalle insistite stesure pittoriche trasversali, la fanciulla, sfolgorante nella sua giovinezza, si inserisce perfettamente nello spazio circostante, vivificata da accensioni cromatiche di notevole intensità e bellezza. L'opera di Nomellini, unico dipinto del pittore livornese nelle collezioni del Museo Revoltella, partecipò alla Biennale veneziana del 1926 (assieme a Odisseo e a Murmure d'onda), alla mostra personale del 1966, tenutasi a Livorno (Museo Civico Villa Fabricetti) e a Firenze (Palazzo Strozzi) e, recentemente, alla esposizione Plinio Nomellini. I colori del sogno, presso il Museo Civico «G. Fattori» di Livorno (1998).
Il Museo Revoltella di Trieste, a cura di Maria Masau Dan. Vicenza : Terraferma ; Trieste : Museo Revoltella, 2004, pp. 158-159
"Il Museo Revoltella di Trieste", a cura di Maria Masau Dan, 2004, VIcenza, Terraferma: Trieste, Muyseo Revoltella, 2004, pp.158-159