Catalogo dei beni culturali
Musei civici del comune di trieste
Ritratto a mezza figura di giovane donna seduta in poltrona, con il busto ruotato frontalmente rispetto alle gambe, visibili solo in parte, e le mani appoggiare al bracciolo. Il volto rotondo è girato verso la spalla destra e lo sguardo dei limpidi occhi azzurri è rivolto nella stessa direzione. L'incarnato chiaro pende risalto dal contrasto con il severo abito marrone, ravvivato dal bianco del grande collo a scialle, dei polsi rivoltati e della fila di bottoncini minuti tra profili sottili sul davanti.
Esposto nella XXXVIII sala della Biennale di Venezia del 1926 con il titolo di Ritratto di signora, l'olio in esame vinse il “Premio acquisto da parte di S. M. il Re d'Italia” e fu donato da Vittorio Emanuele III al Museo Revoltella nel dicembre dello stesso anno. Alla mostra veneziana il ritratto attirò l'attenzione di Ugo Nebbia, che sulla rivista “Emporium” ne rilevò il carattere “vivace” alludendo, presumibilmente, all'espressività del volto e alla naturalezza della posa. In una lettera inviata nel maggio del 1960 al direttore del Revoltella Silvio Rutteri (attualmente conservata nell'Archivio degli artisti giuliani del C. M. R.), Passauro citò questo dipinto come Ritratto della signorina Wulz, ma, a causa della somiglianza tra le due note fotografe triestine Wanda e Marion, risulta difficile affermare con certezza di quale delle due sorelle si tratti. Come in una sorta di ‘scambio di favori', anche il pittore si fece effigiare nello studio dei Wulz, come documentano il ritratto fotografico eseguito negli anni '20 da Carlo Wulz e quello della metà degli anni '40 realizzato da Wanda Wulz (entrambi pubblicati in La Trieste dei Wulz. Volti di una storia. Fotografie 1860-1980, cat. mostra a c. di E. Guagnini e I. Zannier, Firenze, Fratelli Alinari, 1989, pp. 135 e 47). Tanto la posa quanto gli abiti indossati in queste due occasioni ricordano quelli di due autoritratti di Passauro appartenenti al Museo Revoltella e ciò avvalora l'ipotesi egli si avvalesse di riprese fotografiche per raggiungere lo straordinario realismo della sua produzione ritrattistica. Ma il nitore del segno e l'evidenza plastica dei volumi, caratterizzanti gran parte della pittura di Passauro e comuni al gusto novecentista degli anni '20, sono anche il frutto della sensibilità grafica e chiaroscurale acquisita dal pittore nella pratica incisoria, alla quale si appassionò sin da giovanissimo. Per studiare l'arte della stampa si recò dapprima a Monaco di Baviera e nel 1913 si trasferì a Parigi presso l'amico pittore Paul de Pidoll, con il quale condivise uno studio in Bois de Boulogne, di proprietà di Alfred Sisley. Rientrato a Trieste, nel ‘20 tenne una prima mostra personale di acqueforti alla Galleria Michelazzi e strinse amicizia con pittore e acquafortista Bruno Croatto. Poco dopo aprì una scuola di pittura dove ebbe tra i suoi allievi la nota pittrice Léonor Fini. Nel 1930 Passauro decise di lasciare la città natale con l'intento di recarsi in Inghilterra. Fermatosi a Bruxelles per studiare l'arte fiamminga, riscosse un tale successo presso il pubblico belga che decise di stabilirsi in questa città. Divenne quindi ritrattista affermato del bel mondo locale e svolse un'intensa attività espositiva con personali a Bruxelles, Anversa e Londra, per le quali ottenne ottime critiche sul “Morning Post” e sul “Times”. Verso la fine della guerra rientrò a Trieste e si dedicò all'attività ritrattistica ottenendo numerose commissioni da parte di ufficiali americani e inglesi. Nel 1948 si recò nuovamente in Belgio dove continuò ad eseguire ritratti dal mimetico realismo, che, molto apprezzato dalla clientela privata, lo isolò dalle tendenze artistiche moderne, motivo per cui, a partire dal 1927, rinunciò a partecipare a collettive internazionali e tenne esclusivamente mostre individuali.
Il Museo Revoltella di Trieste, a cura di Maria Masau Dan. Vicenza : Terraferma ; Trieste : Museo Revoltella, 2004, p. 160-161