Ciclo della protesta n. 3

Vedova, Emilio

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Oggetto
dipinto
Inventario
REV003462
Collocazione
Museo Revoltella - Galleria d’arte moderna
Acquisizione
acquisto; Biennale di Venezia; 1956
Cronologia
1956
Dimensioni
cm; altezza 200; larghezza 76
Materia e tecnica
tela/ pittura a olio

Pubblicato solitamente con il titolo abbreviato di Ciclo della protesta n° 3, questo dipinto reca a tergo il talloncino della Biennale di Venezia del 1956 – dove venne esposto in una sala personale dedicata all'artista e fu acquistato dal Museo Revoltella – in cui è riportata la sua intitolazione per esteso, ossia Ciclo della protesta n° 3 – 1956 Brasile. Gli Uomini rossi. Ciò è particolarmente significativo per la lettura del dipinto poiché attesta l'origine dell'ispirazione, nata durante un soggiorno di Vedova in Brasile, compiuto assieme alla moglie Annabianca nel 1954. L'arista lo dipinse, però, nell'inverno tra il 1955 e il '56, quando, durante una vacanza in montagna sul Monte Terminillo (in provincia di Rieti), realizzò il “Ciclo della protesta pel Brasile”. In America latina Vedova si era recato solo per partecipare alla II Biennale di San Paolo, ma l'assegnazione del Premio “Morgan, Claudiati Foundation” gli aveva permesso di fermarsi altri tre mesi, da gennaio a marzo. Qui era entrato in contatto con “una nuova geografia, vertigini di spazi “orizzontali” immensi.... Drammaticità della natura, gli uragani da giudizio universale, diluvi, le forze della natura, le foreste brulicanti, verde ossessivo a rotocalco” (da E. Vedova, Pagine di diario, Milano, Galleria Blu, 1960). Con l'incisore Livio Abramo, aveva visitato anche la parte più interna del Brasile, le piantagioni di caffè e le fazendas, dove aveva visto lavorare “uomini a quattro zampe (...) uomini rossi, la terra rossa cioè che tinge gli uomini dagli occhi azzurri” (ibidem). Quest'esperienza aveva alimentato in lui l'urgenza di protestare sia contro le ingiustizie viste in quei luoghi, sia contro le devastazioni e le umiliazioni subite dall'umanità intera, appena uscita da un'epoca di dittature e di guerra. L'aveva espressa tramite una pittura fortemente drammatica e gestuale, stilisticamente vicina alla precedente serie di tele, denominata “Ciclo della natura” (1953-54). Come quest'ultimo, anche il “Ciclo della protesta” (1953-56), nonostante la forza aggressiva del segno e del colore, non è assimilabile alle caotiche improvvisazioni informali, poiché in ogni pezzo della serie affiora un'architettura di segni, che fa dire all'autore “i miei lavori sono pieni di strutture – queste strutture sono strutture della mia coscienza” (tratto dall'articolo Scontro di situazioni in “Il Verri”, n. 5, Milano, settembre 1962). Illuminanti, inoltre, per comprendere l'opera in esame sono le parole di Argan, che, nel presentare la sala personale di Vedova alla Biennale del '56, scrive: “Quadri della protesta”, così Vedova chiama anche le sue cose più recenti: dunque sa che il suo “furor” può avere soltanto ragioni morali, che l'impegno sul contingente implica una superiore posizione di coscienza. Questo è il dramma della sua pittura: ché accade nei fatti, obbligandoci a intervenire e a scegliere, ci strappa alla contemplazione, ci riporta nell'attuale, ci costringe a fare.” (...) Così anche tra i fatti (o i colori) i legami che contano hanno un senso morale: vi sono note che accusano e altre che perdonano, note che feriscono e altre che soccorrono, note che aggravano e altre che compensano. E ognuno di questi quadri è un bilancio, condotto con l'ansia che alla fine il male non abbia a segnare un punto sul bene perché – e questa è l'ultima “morale” della pittura di Vedova – ogni nuova opera è la prova che in questo mondo pieno d'oscuri conflitti, creare è ancora possibile.” (G.C. Argan) Nell'esprimere questo suo furore creativo tramite forti contrasti di tinte accese e cupe e dinamiche stesure di colore, l'artista sembra attingere tanto dal passato – in particolare dalla pittura del conterraneo Tintoretto e dai futuristi – quanto dall'esperienza contingente, come rivelano i titoli delle sue opere. Diversi dipinti del “Ciclo della protesta” del 1956 recano, infatti, tra parentesi la scritta “Brasile”, altri “Sicilia”.

Bibliografia

Il Museo Revoltella di Trieste, a cura di Maria Masau Dan. Vicenza : Terraferma ; Trieste : Museo Revoltella, 2004, pp. 212-213

"Il Museo Revoltella di Trieste", a cura di Maria Masau Dan, 2004, VIcenza, Terraferma: Trieste, Muyseo Revoltella, 2004, pp. 212-213

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