La fede -La luce

Martini, Arturo

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Oggetto
scultura
Inventario
REV002316
Collocazione
Museo Revoltella - Galleria d’arte moderna
Acquisizione
acquisto; 1936
Cronologia
1934
Dimensioni
cm; altezza 70; larghezza 72.5; profondità 66

Nel corso del 1936, tramite la permuta di una serie di opere d’arte, il Museo Revoltella ottenne dalla Galleria d’Arte “Trieste” i bozzetti bronzei di Arturo Martini realizzati per il concorso torinese di II grado del 1934, bandito per un monumento a Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta da collocarsi nella torinese Piazza Castello. Le quattro sculture in cui si articola il bozzetto pervennero al Museo in tre occasioni diverse. Assieme alla prima scultura di Martini, il busto del Duca, la galleria triestina cedeva nel 1936, anche i Gladiatori di Giorgio de Chirico. Oltre ad assicurarsi la collaborazione di Giuseppe Pagano, per armonizzare il rapporto tra il monumento e la piazza, Martini affidò ad Alberto Savinio il compito di presentare il suo bozzetto. Facendo seguito alla prima fase romana del concorso, nella nuova versione per Torino il bozzetto presentava una rielaborazione dei gruppi laterali che si sdoppiavano, venendo a essere formati ciascuno da quattro figure «capaci di garantire una lettura diversa per ognuna delle due fronti del monumento. Al gruppo della Forza Martini aggregò infatti quello degli Eroi e a quello della Fede la Luce, in una complessa fusione di figure umane, animali e mostruose» (Roberto 1992). Il monumento arcaico da cui lo scultore mutuò l’idea di saldare tali elementi in una immagine unitaria era il doppio gruppo andro-ippo-tritonio del tempio ionico di Marasà presso Locri (V secolo a.C.), di cui lo scultore trevigiano vide la sua ricostruzione pubblicata nel ’27 da Silvio Ferri sul «Bollettino d’Arte». Il potente impatto dell’articolato monumento, derivato dalla sua perfetta bifrontalità, resa mediante la disposizione diagonale dei gruppi allegorici laterali e mediante l’accostamento della figura del duca a un blocco di granito il quale, in direzione del Po fungeva invece da sfondo all’incontro di San Marco e San Giusto, destò subito l’attenzione della critica. La figura del Duca, inoltre, era prevista intera nel monumento definitivo e non limitata al solo busto, come nel bozzetto qui esaminato. Nella terza e ultima fase del concorso Martini sostituì i gruppi allegorici laterali con due enormi clessidre con cariatidi, variante che probabilmente spinse la commissione ad assegnare la vittoria allo scultore pugliese Eugenio Baroni, unico scultore assieme a Martini giunto al termine del lungo processo concorsuale, annunciato il 30 marzo 1935. In conclusione, «le novità e gli squilibri del nuovo assetto compositivo che non offriva un punto di vista privilegiato ma richiedeva circolarità di sguardi per assecondare il profilo delle clessidre si contrapponeva all’assoluta chiarezza del progetto di Baroni, alla scansione paratattica del suo monumento in cui ogni singola figura, proiettata sullo sfondo scuro di un parallelepipedo in pietra, era leggibile in tutti i suoi particolari e si offriva a una fruizione lineare e analitica» (Roberto 1992). Nel 1933, anno in cui ebbero inizio le vicende del travagliato concorso per il monumento al duca, Martini si era appena trasferito dalla località di Vado a Milano, dove condivideva la propria abitazione-studio con Mirko Basaldella e Corrado Cagli, giunti nel capoluogo lombardo per partecipare alla Triennale. Lo scultore trevigiano, che due anni innanzi aveva ottenuto il premio massimo per la scultura alla I Quadriennale romana, s’impegnò moltissimo per il concorso che sperava fortemente di vincere. E se è vero che, di tutta l’attività scultorea di Martini, le grandi opere su commissione perdettero sempre qualcosa della sua straordinaria personalità artistica, nondimeno nel monumento al duca egli seppe dare ancora il meglio di sé. «Qui l’artista vive la sua vita piena – scriverà di lui Marziano Bernardi dinanzi al progetto per il monumento – la sua vita traboccante di immagini e di forme, perché inventa, perché fa nascere dal nulla la bellezza [...]. Che importa il simbolo? Qui è la decorazione magnifica che prorompe e trionfa con una felicità di trovata che di colpo avvolge e rapisce l’osservatore» (Roberto 1992).

Bibliografia

Gregorat Susanna, Coslovich Barbara, La scultura. Museo Revoltella Galleria d'arte moderna, Trieste, 2022, pp.170-171

La scultura: Museo Revoltella, Galleria d'arte moderna, a cura di Gregorat Susanna, Coslovich Barbara, Trieste, Civico Museo Revoltella, 2022, pp.170-171
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