Catalogo dei beni culturali
Musei civici del comune di trieste
L’acquisto del piccolo bronzo intitolato "Ditirambo" fu approvato dal Curatorio nel dicembre del 1962, a pochi giorni dalla chiusura della mostra dedicata allo scultore e al pittore conterraneo Cesare Mocchiutti, tenutasi al Palazzo Costanzi di Trieste, ma l’acquisto fu perfezionato solo quattro anni più tardi. Alla mostra triestina del ’62 Sartori aveva presentato solo opere di piccole dimensioni, prevalentemente «ballerine e suonatrici tutte pervase da una felicità panica e di un sottile incantamento che non dimentica un accenno sensuale», come aveva scritto Nino Perizi nell’invito alla mostra; esse documentano l’approdo dell’artista ad un linguaggio nuovo, fatto di superfici frastagliate e corrose, di membra tese verso l’alto e di improvvisi scatti, che conferiscono pathos e vitalità ai soggetti, tanto da rievocare la plastica barocca. Una traccia dell’ispirazione classica che aveva connotato la sua produzione negli anni tra le due guerre – quando era ancora viva in lui la lezione di Libero Andreotti e quella di Marino Marini, assimilate a Firenze – permane comunque anche nei lavori degli anni Cinquanta e Sessanta, soprattutto nei temi affrontati in bronzetti come "Vittoria", "Tauromachia", "Menade" o lo stesso "Ditirambo", nome colto con il quale era conosciuto il dio del vino Dionisio e termine usato per definire un canto corale greco in suo onore. Il bronzo si distingue per l’originale resa plastica, nella quale i volumi appaiono svuotati per conferire alla figura un senso di leggerezza e di fragilità – qualità che evocano visivamente la fugacità del canto – Sartori sembra aver tratto l’opera da un primo modello in carta, del quale il bronzo conserva le increspature e le lacerazioni. Analogo procedimento tecnico è stato probabilmente adottato anche in un’altra opera del 1959, purtroppo andata perduta, ma documentata fotograficamente nella prima completa monografia sull’artista curata da Sergio Molesi. Si tratta di una figura «forse una danzatrice con tanto di tamburello, con le superfici frastagliate come quelle del "Ditirambo" e avvolta in una collana di perle che la costringe e la esalta», che forse faceva da pendant al bronzetto del Revoltella alla succitata mostra triestina del 1962. Nella stessa monografia è stato anche censito un bozzetto per il "Ditirambo".
Gregorat Susanna, Coslovich Barbara, La scultura. Museo Revoltella Galleria d'arte moderna, Trieste, 2022, p.239