Stereoscopio

Anonimo

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Oggetto
visore stereoscopico
Inventario
CMSAOA41102
Collocazione
Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte
Acquisizione
legato; Zamboni, Filippo; 1910/00/00
Cronologia
1900 - 1910
Dimensioni
mm; altezza 190; larghezza 110; profondità 50
Materia e tecnica
legno/ stoffa

Visore stereoscopico portatile ripiegabile in legno, contenuto in una scatola rettangolare. Il visore è privo delle due lenti convergenti costitute da due prismi a sezione quadrata solitamente inserite in una mascherina di legno. Tra i due fori che dovrebbero contentere le due lenti è inserito un setto separatore in stoffa. Lateralmente, attraverso una fessura, si poteva inserire la stereoscopia su lastra in vetro, su carta, dagherrotipo, ambrotipia o autocromia. La visione della lastra stereoscopica avviene in trasparenza, controluce. Le lenti del visore aiutano gli occhi a sovrapporre le due immagini e a percepirle come una sola, ottenendo in questo modo l'effetto di tridimensionalità.

Nel 1849, David Brewster, che aveva già brevettato nel 1817 il caleidoscopio (apparecchio ottico in grado di fornire svariatissime forme geometriche con due specchi piani disposti ad angolo), apportò alcune migliorie al primo stereoscopio di Wheatstone, presentando una sorta di binocolo con le lenti distanti tra loro 6,5 cm, grazie al quale era possibile vedere una coppia di fotografie dello stesso soggetto riprese da due obbiettivi posti a 6,5 cm uno dall'altro. All'Esposizione Internazionale di Londra del 1851, il gesuita Francois Moigno e i due ottici Jean Dubosq e Jean Baptiste Soleil presentarono lo stereoscopio e, grazie anche all'entusiasmo che suscitò nella Regina Vittoria, le stereoscopiche divennero molto popolari. Ben presto le fotografie maneggevoli, leggere ed economiche divennero un oggetto di moda: una presenza irrinunciabile nei salotti borghesi. Solo nel 1851, dopo l’Esposizione Universale di Londra, furono vendute, tra Parigi e Londra, circa 250.000 fotografie stereoscopiche in pochi mesi e, nel solo 1856, oltre un milione di stereoscopi entrarono nelle case inglesi dove, secondo i principi vittoriani, poteva congiuntamente fornire un raffinato divertimento e un'utile istruzione. Al contempo, si diffuse la fotocamera stereoscopica, altresì chiamata stereo camera, che permetteva la visione stereoscopica, utilizzando l'impressione di due immagini con due obbiettivi uguali e paralleli su una pellicola grazie all'invenzione della fotocamera binoculare da parte di un ottico di Manchester, John Benjamin Dancer. Negli Stati Uniti, Oliver Wendell Holmes realizzò una versione meno cara dell'apparato in alluminio, consentendo una rapida diffusione delle immagini montate su cartoncino. Il grande successo delle stereoscopiche era strettamente connesso al loro basso costo: sei stereoscopie in bianco e nero costavano circa un dollaro negli Stati Uniti del 1860, equivalente a 4 dollari del 2015. A seguito della modernizzazione delle tecniche, nel 1910, il prezzo fu abbattuto dell'80% . Il visore era posseduto da Filippo Zamboni. La maneggevolezza è una caratteristica molto apprezzata dai fruitori: nel 1854, il fotografoTomaso Patzal pubblicizza sul periodico "Diavoletto" i propri prodotti: Ritratto e Stereoscopio si contengono in un astuccio non maggiore di un solito portamonete. L’onorario pei medesimi è assai moderato.

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