Catalogo dei beni culturali
Musei civici del comune di trieste
Il dipinto rappresenta figure maschili in uno scenario quasi astratto. In primo piano a destra si vedono due uomini di profilo, uno accanto all'altro, leggermente curvi, con una giacca a righe chiare e blu e un cappello; sulla sinistra, più in lontananza, un gruppo di uomini nella medesima condizione. Tutti sembrano camminare. Lo scenario è dominato da pennellate bianche e grigie, alcuni tocchi di bianco si sovrappongono alle figure in primo piano, potrebbe trattarsi di una nevicata. Sullo sfondo a sinistra righe verde scuro, che assomigliano a un bosco, e al centro una zona chiara, sui toni del giallo.
L'opera richiama la terribile esperienza del Lager. Infatti, Livio Rosignano (1924-2015) fu deportato a Dachau. L'artista ha raccolto in uno scritto del 1977 le sue memorie, raccontando anche le estenuanti giornate di lavoro nel bosco, che era separato da quattro o cinque chilometri dal Lager, i prigionieri lo raggiungevano camminavano in colonna, le guardie ai lati che sulla strada li contavano e ricontavano, nella nebbia, nella pioggia, con la neve. Queste sue parole sembrano essere strettamente collegate al dipinto in esame: “Il campo dove lavoravamo, in mezzo al bosco, tra gli alberi, alti come non ne avevo mai visti (abeti e larici), era vastissimo. E in quello spazio eravamo migliaia, uno appresso all’altro. Formiche attorno ad un tronco d'albero per avvinghiarlo, spostarlo, metterlo sul camion. In mille a spianare quel bosco, a renderlo piatto, liscio, a liberarlo da ogni radice, da ogni sterpo. In mille a scavare buche profonde alcuni metri. In mille a non sapere lo scopo di tutto quel febbrile lavorìo. Un cantiere immenso [...]. Ai margini di tanto spazio, da ogni lato, stava solenne la barriera verde cupo della foresta” (Livio Rosignano, “Feldpost 15843”, Udine, Edizioni Del Bianco, 1978, p.13).