Catalogo dei beni culturali
Musei civici del comune di trieste
ambito culturale: Antico Egitto
Il grande sarcofago antropoide in granito rosa di Assuan, con il suo coperchio, supera il peso di sei tonnellate e proviene con tutta probabilità da Menfi. È appartenuto al dignitario Suty-nakht (il dio Seth è forte), che ricoprì le cariche di scriba reale, flabellifero alla destra del Re, preposto al Tesoro del Signore delle Due Terre; dello stesso personaggio si conoscono anche otto statuine funerarie, di cui sette conservate all’Hermitage e una al Museo di Erevan, che confortano la datazione alla XIX dinastia anche del sarcofago, già suggerita dallo stile di quest’ultimo. Il sarcofago è di forma antropoide semplificata. La cassa non è perfettamente squadrata: i lati lunghi, infatti, sono obliqui e il fondo non è completamente lavorato. Appare evidente come gli artigiani che realizzarono questo oggetto si siano limitati ad assecondare la forma originale del blocco di pietra. Il fianco sinistro della cassa è stato ricostituito da diversi frammenti (spezzatisi pare in epoca moderna; vedi Introduzione), mentre il coperchio è integro. La tecnica usata per il rilievo è quella ad incavo, con i contorni dei geroglifici e delle figure molto profondi, ma la grana della superficie del granito ne impedisce una facile lettura. I testi geroglifici, incisi sulla superficie esterna, ripetono monotonamente il nome e i titoli del defunto, lasciando poco spazio alle formule rituali, alternate alla teoria di divinità, tutte legate al mondo di Osiride e protettrici del defunto. Il sarcofago è noto come sarcofago Panfili, dal nome della famiglia triestina che lo donò al Museo nel 1950. Era giunto in proprietà della famiglia in modo molto singolare: si racconta che nella prima metà del XIX secolo fosse imbarcato su una nave inglese proveniente dall’Egitto che dovette fare scalo a Trieste, dove a causa di un’avaria sostò nel cantiere navale di Odorico Panfili; non avendo come pagare la riparazione, il capitano lasciò il cimelio egizio in pegno, ma non tornò mai a riscattarlo. Quando nel 1852 i cantieri Panfili vennero chiusi il sarcofago fu spostato nel cortile della casa della famiglia, in via Milano 4. Un secolo più tardi venne donato al Museo. Il coperchio ha forma molto semplificata: il largo e piatto volto è circondato dalla parrucca trattata a fasce parallele (che scendono orizzontali anche sulla cassa), lasciando visibili le orecchie. Al mento è una barba divina. Le braccia, incrociate sul petto, si sovrappongono ad una ricca collana e le mani stringono due segni geroglifici: un ged e un tit. Sotto le braccia, la dea Nut inginocchiata stende in segno protettivo le sue ali. Lungo le gambe sono distribuiti, in una scacchiera, il testo geroglifico e le immagini di diverse divinità. La colonna centrale di geroglifici e le due righe lungo i bordi del coperchio riportano nome e titoli del defunto, mentre gli altri testi, più brevi, ripetono il nome del defunto o identificano la divinità raffigurata. Partendo dall'alto, ci sono: un occhio ugiat in corrispondenza di ciascuna spalla, Anubi in forma di sciacallo accucciato su un piedistallo in corrispondenza di ciascun gomito; sotto le ali della dea Nut ci sono il genio funerario Amseti a testa umana a sinistra e Duamutef a testa di falco a destra; ancora sotto, Hapi a testa di babbuino a sinistra e Kebehsenuef a testa di sciacallo a destra; sul rialzo dei piedi, capovolte rispetto alle altre figure, la dea Iside inginocchiata a sinistra e la dea Nefti inginocchiata a destra. Nella parte del coperchio corrispondente al fondo dei piedi è presente una piccola scena con iscrizione: raffigura le due dee, Neith (sulla sinistra dell’osservatore) e Selkis (a destra), affrontate, con in mezzo a loro un pilastro ged. Le dee sono sedute ed hanno il corpo mummiforme, con il simbolo ankh sulle ginocchia; sul capo ciascuna ha il geroglifico del proprio nome. Lungo il fondo della scena, una riga di geroglifici ripete nome e titoli del defunto. Sulla cassa del sarcofago, all’estremità della testa è rappresentata la dea Nefti inginocchiata sopra il segno nebu, che indica l’oro come metallo prezioso, e con il segno geroglifico del suo nome sul capo; ha entrambe le braccia alzate, come ad abbracciare il sarcofago, e appeso al braccio destro il segno geroglifico che indica la protezione magica che la dea esercita in favore del defunto. Attorno alla figura corre un’iscrizione in sei colonne, che si legge da destra a sinistra. All’estremità dei piedi è invece presente la dea Iside, in atteggiamento e posizione identici a quelli della dea Nefti. Anch’essa sul capo ha il geroglifico del proprio nome e, oltre al segno della protezione magica appeso al braccio destro, ha il simbolo ankh al sinistro. Il testo che la circonda si articola in cinque colonne, da leggersi da destra verso sinistra. Il fianco destro della cassa presenta scene ed iscrizioni a partire dalla testa, che è riconoscibile grazie alle bande della parrucca rese da numerosi tratti orizzontali paralleli. Per primo il dio Anubi in forma di sciacallo, accovacciato su di un podio. Tra le zampe anteriori regge lo scettro sekhem, al collo ha un nastro e sul dorso spunta il flagello. Sopra la figura del dio vi sono un occhio ugiat e la legenda "Anubi “Imyut”". L’iscrizione relativa si trova dietro la scena ed è composta da due colonne che si leggono da destra a sinistra: "Parole dette dal venerabile presso Anubi, l’Osiride flabellifero alla destra del re, | scriba del re, grande sovrintendente alla tesoreria del signore delle Due Terre, Suty-nakht, giustificato per l’eternità". Procedendo verso i piedi, vi sono altre colonne di iscrizione, che sono in relazione con la seguente figura del genio funerario Duamutef, a testa di falco e ritratto nell’atto di camminare. Il testo questa volta si legge da sinistra a destra (si veda la trascrizione). La figura seguente è quella di Kebehsenuf, genio funerario a testa di sciacallo, anche lui ritratto nell’atto di camminare. È preceduto da una colonna di testo che si estende per tutta l’altezza della decorazione, il cui testo continua in tre corte colonne sopra la figura del genio e si legge da sinistra a destra: "Parole dette dal venerabile presso Kebehsenuf, l’Osiride flabellifero alla destra del re, | scriba del re, sovrintendente alla tesoreria, Suty-|nakht, | giustificato." L’ultima figura su questo lato del sarcofago è quella di una divinità dalla testa di ibis, che regge nelle mani un alto bastone a cui è fissata una bilancia, il tutto sovrastato dal geroglifico per “cielo”. Il testo relativo a questa immagine, che si articola in due lunghe colonne ed una breve riga, si legge da sinistra a destra: "Parole dette dal venerabile presso Dunauy, che è a capo della sala divina, l’Osiride | flabellifero alla destra del re, scriba del re, sovrintendente alla tesoreria del signore delle Due Terre, Suty-nakht, giustificato presso | Sokar". Il fianco sinistro della cassa presenta un’identica scansione di scene ed iscrizioni. Si comincia, dopo la parrucca, con due colonne di testo da leggere da destra a sinistra: "Parole dette dal venerabile Anubi: Vengo verso di te, | o Osiride, flabellifero alla destra del re, scriba del re, sovrintendente alla tesoreria, Suty-nakht, giustificato”. La prima scena raffigura due occhi ugiat contrapposti che stanno sopra una facciata architettonica in cui si aprono due porte: nella porta di sinistra compare la figura mummiforme e seduta della dea Selkis, con un ankh sulle ginocchia e il geroglifico del proprio nome sulla testa; in quella di destra la dea Neith, in identica posizione e con gli stessi attributi. Sopra questa scena vi sono cinque corte colonne di geroglifici, che si leggono da destra a sinistra e che idealmente continuano il testo delle due colonne precedenti: "Tuo padre è Gheb, | tua madre è Nut, | o Osiride, | scriba del re, sovrintendente alla tesoreria, | Suty-nakht, giustificato". A questo testo seguono altre quattro colonne di geroglifici (due lunghe, e due brevi che vanno a sovrastare la successiva figura), da leggersi nello stesso senso delle precedenti. La figura relativa al testo è quella del genio funerario Amseti, a testa umana: "Parole dette dal venerabile presso Amseti, l’Osiride, flabellifero | alla destra del re, scriba del re, sovrintendente alla tesoreria, Suty-nakht, giustificato: “Vengo | verso di te, | io sono tuo figlio". A questo segue l’immagine del genio funerario Hapi dalla testa di babbuino, preceduto da una colonna di testo che continua in una riga orizzontale sopra di esso. Il verso di lettura va da destra a sinistra: "Parole dette dal venerabile presso Hapi, l’Osiride, flabellifero alla destra del re, | scriba del re, sovrintendente alla tesoreria, Suty-nakht". L’ultima parte del fianco comprende due lunghe colonne di iscrizione e una breve riga che circondano la figura del dio Thot a testa di ibis, ritratto nell’atto di camminare, con il braccio destro alzato davanti a lui e un lungo bastone a cui è fissata una bilancia nella mano sinistra. Sopra il dio vi è il geroglifico per “cielo”. L’iscrizione, da leggersi da destra a sinistra, è la seguente: "Parole dette dal venerabile presso Thot, rappresentante di Ra, | l’Osiride, flabellifero alla destra del re, scriba del re, sovrintendente alla tesoreria del signore delle Due Terre, | Suty-nakht, giustificato".
Collezione egizia del Civico Museo di Storia ed Arte di Trieste, a cura di Franco Crevatin, Marzia Vidulli Torlo, con testi di Susanna Moser e dei soci della Casa della Vita, Trieste, Comune di Trieste, 2013, p. 66-73, cat. 4.1