Uomini

Il fotografo viennese Burger (1844-1920) partecipa in veste di fotografo ufficiale, nel 1868, a una spedizione diplomatico commerciale che gli consente di visitare il Siam, la Cina e il Giappone.Tornerà a Vienna solo nel 1870. Il positivo immortala un coreano seminudo ritratto durante il soggiorno nel Paese del Sol Levante: si tratta di un tipico esempio di ritratto etnografico che ha larga diffusione negli album ottocenteschi, un genere che contribuisce alla diffusione della moda dell’esotismo e che consente di conoscere l’altro, il diverso. La carte de visite (chiamata in giapponese tefuda, lett. carta a mano) rientra nell’ambito della serie di grande successo dei tipi nativi che mirano a rappresentare i soggetti più caratteristici e immediatamente riconoscibili come i venditori ambulanti, i bambini, le geisha, gli attori di teatro, gli artisti di strada, i pompieri e i samurai. I più famosi tipi nativi sono realizzati dal grande fotografo veneziano Felice Beato (1832-1909) che ha il merito di avere esaltato il potenziale archetipo dell’immagine etnografica, come sostiene la studiosa Carmen Cabrejas Almena. Si tratta di immagini che manifestano attributi inconsueti e straordinari e che, declinando i codici più esuberanti dell’esotismo, suscitano curiosità, fascino e talvolta orrore. Se alcune scene sono eseguite all’esterno, molti ritratti sono realizzati in studio. È il caso del ritratto a figura intera dell’indigeno coreano, dal fiero cipiglio, a torso nudo ma con le scarpe, dai lunghi capelli neri raccolti in uno chignon. Da un confronto con l’esemplare posseduto dal Museo d’arti applicate di Vienna si è desunto il luogo di ripresa. Il positivo è stato realizzato a Nagasaki, presumibilmente nello studio di Ueno Hikoma (18381904) al n 5 di Nakashima. La foto riveste un particolare interesse, non solo perché si tratta di una delle rare testimonianze coreane presenti in Fototeca, ma anche perché il fotografo non è riuscito a eliminare completamente le tracce del sostegno utilizzato per mantenere la posizione eretta. I tempi e modi di posa, piuttosto lunghi e rigidi, obbligavano a utilizzare questi strumenti d’appoggio che poi venivano cancellati. Sul supporto in cartoncino è riportato il paese di provenienza del personaggio ritratto, il nome del fotografo, il numero identificativo e un breve titolo dell’opera in tedesco, inglese e francese, ciascuno con un carattere tipografico diverso. Burger affronta la spedizione in Oriente con una fotocamera da viaggio, strumento semplice, formato da una cassetta di legno (generalmente di mogano o noce) sigillata e annerita internamente, detta “camera oscura”, su cui è anteriormente assicurato un obiettivo e posteriormente applicato un telaio con un cristallo smerigliato, per ricevere e mettere a fuoco l’immagine disegnata dall’obiettivo. L’apparecchio è solitamente completato da un astuccio che può essere collocato esattamente al posto del telaio. La misura delle fotocamere dipende dalla grandezza massima delle lastre. Le fotocamere da viaggio hanno soffietti pieghevoli che alleggeriscono l’apparecchio e permettono di regolare la lunghezza della camera oscura. Il fotografo parte dalla capitale asburgica portando con sé alcune lastre al collodio secco al tannino che consente di conservare le lastre a lungo. Testo tratto da Claudia Colecchia "Dietro le quinte di Palazzo Gopcevich", p. 158