Catalogo dei beni culturali
Musei civici del comune di trieste
Donata dall'autore al Museo Revoltella il 15 dicembre 1931, solo undici giorni prima della sua morte, quest'opera rappresenta una delle imprese che più impegnarono l'artista negli ultimi anni della sua vita, senza peraltro giungere a compimento. Il trittico, dedicato ai diversi aspetti della vita del porto, come ricordano i critici contemporanei (Malabotta, Cozzani), avrebbe dovuto fare parte di un ciclo pittorico più ampio, composto di 24 tavole, destinato a decorare le pareti di un'osteria popolare di Cittavecchia in cui egli aveva individuato il luogo ideale per celebrare “come in un poema eroico” il lavoro umile della gente del porto, marinai, scaricatori, fuochisti, dopo avere riempito con questi soggetti taccuini e taccuini di disegni. Il lavoro di Bolaffio procedeva con lentezza e tra continui rifacimenti, come ricorda Malabotta: “Potei seguire le fasi del suo ultimo dipinto, purtroppo lasciato incompiuto nella parte centrale: ci lavorò sopra più di un anno mutando di continuo, cancellando con pochi colpi di coltellina la fatica di mesi interi, spinto da una eccessiva severità verso la propria opera. Disegnò assai: prima di fissare sulla tela appena i contorni di una figura o di una composizione gli occorreva una serie lunghissima di studi, di disegni, di prove. [...] Innumerevoli ne ho veduti del suo grande ciclo di scene della vita del porto e delle navi, ciclo che aveva ideato negli ultimi anni e del quale poté ultimare solamente alcuni pochi episodi". Secondo lo stesso critico (“Casabella”, ottobre 1932) l'intenzione dell'artista era la rappresentazione del contrasto tra il lavoro e l'ozio, “due momenti necessari della vita che nel Bolaffio assumono aspetti identici: solenni e austeri. Come austera è tutta la sua pittura, di un'austerità religiosa.” A parere di Umberto Saba, l'idea del polittico del porto era nata già prima della prima guerra mondiale, quando Bolaffio era tornato dal lungo viaggio compiuto in Oriente nel 1913, e gli era rimasta fissa in testa anche più tardi quando “nei caffè, nelle osterie, nei luoghi più miseri in cui trascorreva la sua mesta esistenza, annotava, cancellava, faceva, disfaceva, colla disperata costanza degli ossessivi, tutte le memorie visive che conservava di quel viaggio da Trieste a Bombay e viceversa”. Ma il sogno di realizzare un'opera composta di più tavole gli fu ispirato probabilmente dall'esempio del Trittico delle Alpi di Segantini, un pittore che, secondo quanto scrive Morassi, egli “adorava” per “la purezza delle sue immagini, il suo candore verso la natura, la sua anima che si dilatava nel cielo” e di cui ammirava certamente anche la tecnica pittorica fatta di colori pastosi e intrisi di luce. Ulteriore prova di questa influenza è data già dal quadrittico "Tramonti" dipinto prima del 1923 (anno in cui viene citato da de Tuoni) in cui, assieme a visioni campestri di intenso lirismo, compare l'indimenticabile scena del capitano che sale sulla nave nella luce della sera. Varie, nel tempo, le denominazioni dei pannelli che compongono il "Trittico del porto": "lo Scaricatore" viene indicato nel catalogo del museo pubblicato nel 1933 come Stazione Marittima, mentre la lunetta compare nella mostra postuma del 1932 con il titolo "La partenza".
Il Museo Revoltella di Trieste, a cura di Maria Masau Dan. Vicenza : Terraferma ; Trieste : Museo Revoltella, 2004, pp. 118-119
"Il Museo Revoltella di Trieste", a cura di Maria Masau Dan, 2004, VIcenza, Terraferma: Trieste, Muyseo Revoltella, 2004, pp.118-119