Catalogo dei beni culturali
Musei civici del comune di trieste
Il titolo Garanghelo, voce del dialetto veneziano che significa "merenda, baldoria", ben si addice a questa rutilante scena di genere con cui Veruda, rientrato da Venezia, sorprese il pubblico triestino dopo cupi interni di chiesa e tranches de vie alto-borghese. L'ambizioso quadro, realizzato nella città lagunare nell'estate del 1892 e destinato all'esposizione di Budapest ("Il Piccolo"), sembra riproporre su un piano popolare le schermaglie galanti raffigurate nei dipinti che avevano portato l'artista al successo pochi mesi prima. La conversazione mondana di "Quartetto" è infatti trasferita da un salotto neosettecentesco strabocchevole di fiori in un interno che sta a metà tra l'atelier di un pittore e la bottega di un rigattiere. Se nel quadro della serie "high life" tre eleganti signore si contrapponevano a un galante gentiluomo, ora è un trio di popolane ad affrontare un monello sfacciato dalle labbra carnose, non lontano dagli esuberanti modelli del primo Irolli. Nella popolana di spalle, dallo stretto corpetto e dall'orecchino ad anello, si riconosce la modella della "Venditrice di frutta", dipinto eseguito a Venezia negli stessi mesi, ma l'atteggiamento della figura riprende, anche se in maniera più disinvolta, quello della donna al centro di "Quartetto", così come la giovane di profilo ripete la posa della donna castana di "Terzetto", che sarà quella di Ortensia nel doppio ritratto dei fratelli Schmitz. Quando "Garanghelo" fu esposto a Trieste, nel negozio di Schollian, nell'autunno del 1892, a Veruda arrideva un discreto successo dopo la notizia del prestigioso acquisto di tre suoi quadri da parte dell'imperatrice d'Austria. Così come l'altro quadro veneziano esposto pochi giorni prima da Schollian, "Venditrice di frutta", fu prontamente venduto, "Garanghelo" entrò nella raccolta del barone Rosario Currò, pervenuta per legato nel 1929 nelle raccolte civiche. In occasione della mostra postuma del 1904 e della monografia di Benco del 1907, "Garanghelo" era l'unica opera del brillante biennio 1891-92 a rappresentare questa fase del pittore. Una volta entrato nelle collezioni del Museo Revoltella ed esposto nella sala dedicata all'artista, il quadro godette invece di una fortuna sempre minore, non rientrando nello schema critico inaugurato da Benco di un Veruda "impressionista", innovatore della pittura triestina. All'interno della carriera del pittore il dipinto rappresenta infatti in maniera inequivocabile l'abile sforzo di corrispondere alle richieste del mercato.
Il Museo Revoltella di Trieste, a cura di Maria Masau Dan. Vicenza : Terraferma ; Trieste : Museo Revoltella, 2004, pp. 112-113