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Fabbricato di Via di Prosecco 30

Colnhuber, Giuseppe - architetto

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Altra denominazione
Chiesa di San Bartolomeo
Localizzazione
Trieste
Comune Censuario: Villa Opicina; numero anagrafico: 683
Uso attuale
Luogo di culto - chiesa
Condizione giuridica
proprietà Ente pubblico territoriale

1805

L'Agapito descriveva il villaggio di Opicina come un paesello che, al limitare del XIX secolo, contava poco più di 800 anime sparse in 121 case. L'insediamento, sviluppatosi al margine della nuova strada commerciale per la Germania, aperta nel 1780 per facilitare lo scambio commerciale tra i due stati, grazie all'intervento dell'allora governatore conte Carlo de Zinzerdorf, era quindi il primo abitato che si poteva incontrare uscendo da Trieste verso nord. L'etimologia della parola Opicina, voce slava che rimanda al concetto di "comunità", parrebbe aver dato il nome alla parrocchia lì esistente già nel 1622. In realtà testimonianze della presenza di una ben più antica cappellania risalirebbero addirittura al XIV secolo. Notizie più certe risalgono, invece, al 1466 allorquando in un documento testamentario, una certa Agnese Babich lasciava al Capitolo la propria casa di Opicina a condizione che vi abitasse il vicario. E' certo che nel 1622 la chiesa, per le sue precarie condizioni architettoniche, fosse soggetta e sottoposta ad un intervento di restauro risolutivo che andò a modificare la sua struttura originaria. A ricordo dell'evento fu posta un'iscrizione, oggi purtroppo scomparsa, che ricorda i lavori eseguiti sotto il vescovato di fra' Rinaldo Scarlicchio da Monfalcone: "ANTIST.ET COM. TERG/ RENALD. SCARLICH/ A. SAL. MDCXXII/ PROCVRANTE/ HPX. RADOEVICH. PLEB". Pare che i lavori si prolungassero più del dovuto, se è vero che nel 1652 i sindaci della parrocchia di Opicina rivolsero una supplica al Capitolo e alle autorità cittadine sottolineando che la chiesa cadeva letteralmente a pezzi. I lavori del 1622 comportarono una sostanziale modifica dell'edificio originario con l'aggiunta di una sagrestia e di un campanile sulla facciata. Alcuni restauri vennero effettuati sul finire del XVIII secolo allorquando un fulmine, colpendo il campanile, provocò alcuni danni. Tuttavia il crescente numero di fedeli e le ridotte dimensioni del fabbricato imposero al Comune la necessità di ricostruire totalmente l'edificio che, di fatto, avvenne a spese della città di Trieste e dei suoi fedeli e soprattutto grazie all'intercessione del conte governatore Sigismondo de Lowasz, nel 1805, così come si evince dall'iscrizione posta sopra il portale d'ingresso della chiesa:"TEMPLUM.HOC/AERE.CIVICO.ET.PIORVM.LARGITATE/FUNDITUS.REAEDIFICATUM/IMPERANTE.CAESARE.AVGVSTO.FRANCISCO.II/ET/SIGISMONDO.COMITE.A.LOWASZ/TERGESTE.GUBERNANTE/A.R.S.MDCCCV". Tra tutti i progetti presentati, il Comune prese in considerazione quello dell'allora ispettore delle fabbriche, Giuseppe Colnhuber, che prevedeva il parziale riutilizzo delle strutture esistenti da cui si intendeva ricavare la sagrestia ed il presbiterio. Il 2 maggio 1805 venne così posta la prima pietra. Venne conservata, del vecchio edificio, solo la parte riservata oggi a sagrestia. Il nuovo edificio, composto da un'unica navata, si eleva ad un'altezza di 11 metri ed ha un presbiterio a pianta rettangolare. All'esterno fa bella mostra di sé il campanile neoclassico con inserti barocchi italiani, riallacciandosi, nel suo aspetto, alla tipica architettura salisburghese e austriaca. L'interno del fabbricato, alquanto ricco nei suoi arredi liturgici, è piuttosto luminoso ricevendo luce da sei finestroni. Colpisce subito il visitatore l'altare maggiore con la Pala dedicata a S. Bartolomeo e l'altare della Vergine in stile barocco.

Compilato in data: 2007

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