Catalogo dei beni culturali
Musei civici del comune di trieste
1903
Il dott. Antonio Iellrsitz, in occasione della conferenza tenutasi alla Società Triestina d'Igiene nel 1896, così esordiva: "Posto precipuo ebbero sempre i bagni quale mezzo potentissimo a mantenere la salute, a prevenire e combattere i gravi morbi, a illeggiadrire il corpo e consolidare lo spirito. Ma mentre la scienza, in ogni modo e con ogni sforzo, tenta di preservare l'umanità dai molteplici pericoli che minacciano la sua esistenza ed il suo sviluppo, riesce doloroso di vedere constatare, come troppo di frequente, la umanità istessa, trascurando siffatti principi igienici fondamentali, contribuisca al proprio deperimento". Alla fine del XIX secolo si lamentava a Trieste la mancanza di specifiche strutture permanenti che permettessero ai cittadini di usufruire dei benefici del bagno, di fatto esisteva solo la possibilità di avvalersi, data la naturale conformità delle coste, delle rive della zona di S. Andrea, ovviamente solo durante la stagione estiva. Ma la situazione non doveva essere particolarmente felice, se è vero che le spiagge, a ridosso degli opifici industriali, si presentavano in condizioni igienico-sanitarie alquanto disastrose, prive com'erano di qualsiasi comodità, decenza e pulizia. La soluzione si prospettò, alla fine del secolo, allorquando il Comune ottenne in concessione il tratto di spiaggia dietro il molo di Santa Teresa. Il Bagno Popolare Alla Lanterna, ormai noto familiarmente come "Pedocin", fu aperto nel 1903 e costruito dalla Ditta Rocco & Compagni che ne fu, probabilmente, anche l'artefice del progetto. Lo stabilimento mantiene ancora oggi, cosa ormai unica nel suo genere, l'originaria divisione tra la parte maschile e quella femminile. Un alto muro bianco, all'epoca della sua apertura, di legno, giunge quasi a lambire l'acqua, evitando così ogni contatto visivo tra uomini e donne, riuscendo a mantenere viva una tradizione ormai più che centenaria. Il molo, su cui si sviluppa lo stabilimento, poggia sui resti di un'antica struttura di derivazione romana che congiungeva la terra ferma con l'isolotto detto dello Zuccho e la cui struttura era ancora visibile, durante la bassa marea, all'inizio del XVIII secolo. Lasciato andare in rovina per lungo tempo, l'opera venne ripristinata già all'epoca di Carlo VI allorquando si pose la necessità di difendere il nuovo Lazzaretto di S. Carlo dalla violenza dei marosi. Il completamento del molo si deve invece a Maria Teresa, la quale, nel 1750, riprese il lavoro paterno con lo scopo di evidenziarne il carattere difensivo, munendo il terrapieno di cannoni. Il molo mantenne la sua caratteristica militare fino alla metà dell'800 allorquando, una volta spianati gli spalti, venne allargato. Il Bagno alla Lanterna fu restaurato nell'immediato dopoguerra a causa dei danni subiti durante i bombardamenti del 1944.
Lo Stabilimento Balneare alla Lanterna si posiziona in prossimità del centro storico urbano e della Lanterna progettata da Matteo Pertsch, da cui prende il nome. La spiaggia ciottolosa è rivolta ad ovest ed è separata dalle strutture limitrofe da un basso corpo di fabbrica porticato ad uso spogliatoio con copertura piana. La struttura edilizia monopiano a pianta simmetrica è composta da un piccolo atrio di accesso centrale con un corpo servizi, un magazzino e la stanza del custode. Da qui si accede alle due ali dello stabilimento, separate da un muro e destinate alle donne quella a sinistra, agli uomini quella di destra. La struttura portante è completamente costituita da elementi in calcestruzzo armato gettato in opera.
Le finiture estremamente semplici sono costituite da superfici intonacate in color bianco, serramenti lignei verniciati in color azzurro, manto di copertura in guaina bituminosa e lattonerie in lamiera verniciata color testa di moro. Il porticato lungo le ali laterali, con pavimento in battuto di cemento, è posto a protezione di una lunga panca con piano in piastrelle di cotto in formato quadrato. Ad intervalli regolari sulla spiaggia sono posizionati i gruppi doccia esterni con rubinetterie cromate agganciate a pilastri in calcestruzzo armato intonacati bianchi. I percorsi sono segnati da quadrotte in conglomerato cementizio color cotto.
Compilato in data: 2007