Catalogo dei beni culturali
Musei civici del comune di trieste
Lo slancio economico, derivato dalla realizzazione del Porto Franco, produsse dei vantaggi grandissimi comportando un netto aumento della popolazione, che, verso la metà del XIX secolo, segnalava la presenza di ben 80.000 abitanti. Trieste allora subì una radicale trasformazione del suo tessuto urbano, modernizzandosi nell'aspetto e nei contenuti: dopo la Restaurazione, la città cominciò ad espandersi verso ponente popolando intensamente quella zona compresa tra Cittavecchia ed il Lazzaretto di San Carlo. Conclusa l'urbanizzazione delle aree ricavate dall'interramento delle antiche saline, la città, assetata di nuovi fondi su cui espandersi, iniziò ad occupare poco alla volta le proprietà appartenute al monastero dei SS. Martiri, fuori dalle mura dell'antica Tergeste, verso levante. I terreni edificabili vennero suddivisi in 22 are distinte e messi all'asta nel 1786 e così, come ci ricorda il Generini: "Nel 1819 il Comune di Trieste si impegnava a provvedere al rifacimento del lastrico delle vie della città nuova e del Borgo Giuseppino e alla conservazione dei ponti, canali e pozzi liberando il Sovrano Erario da qualunque aggravio per questi lavori, in cambio veniva data la proprietà di tutti i terreni giacenti nella città nuova e nel borgo". Il nuovo borgo che ne derivò fu appunto chiamato Giuseppino in memoria dell'imperatore che nel 1788 ne aveva decretata la creazione. Nel 1824 vennero sistemate le vie prospicienti il mare, erigendo le sponde murate di Riva Grumula e dei Pescatori. Immantinente nuovi edifici andarono ad occupare il suolo reso sicuro dalle acque e fu in quel contesto che si definì la piazza, chiamata Giuseppina in onore dell'imperatore. Lo spazio , conosciuto con il nome di Piazza Ganza fino ad almeno il 1827, per la presenza in quella zona di un'abitazione privata nota ai più con l'appellativo di Casa Ganza, si presentava privo di fontane o di altri monumenti decorativi, una semplice area in terra battuta racchiusa tra pochi edifici, alcune campagne (quella Cassis e Dubane), ed il mare, destinata, così come si evince dai Verbali del Consiglio del Comune "al libero movimento del carriaggio con merci, essendo che riferisce ad una parte principale del porto con un molo di fronte". Nel 1864 il Consiglio Comunale stanziava la somma di 8.000 fiorini per regolare lo spazio. In quell'anno l'ing. Macciachini presentava un piano per ridurre la piazza a giardino con in mezzo una fontana a diversi getti d'acqua, che, però, sarebbe servita solo come semplice ornamento al giardino stesso, escludendo quindi la possibilità, da parte della cittadinanza, di servirsene per il proprio approvvigionamento idrico. Ma il progetto, data la spesa piuttosto ingente e la sua scarsa utilità, non incontrò il favore del Consiglio, che anzi destinò la somma di 5.600 fiorini per l'esecuzione di un progetto di pavimentazione, risalente al 1859 e mai portato a compimento. La necessità di lastricare la piazza e di provvederla con una fontana, per servire una zona che ne era priva, (la popolazione era costretta a servirsi del fontanone dietro la chiesa di S.Antono vecchio), era decisamente più impellente. In occasione della lastricazione si sarebbe potuto condurre un tubo dalla vicina arteria della conduttura dell'acqua di Nabresina fino al centro della piazza e applicare là uno sbocco provvisorio per i pubblici bisogni, con l'idea di sistemare, l'anno venturo, una fontana vera e propria. L'eccessivo costo del progetto non consentiva però al Comune di sovvenzionare contemporaneamente la pavimentazione e l'erezione della fontana, per cui si decise che, per evitare ulteriori spostamenti dei blocchi di pietra in un periodo successivo, sarebbe stato chiesto un immediato contributo, solo per la costruzione della fontana, ai cittadini che lì avevano delle proprietà. Nel marzo del 1865 la selciatura della piazza era quasi compiuta, non così la fontana se è vero che il delegato municipale, il barone de Pascotini, così riferiva al Consiglio: "Stimo opportuno il ricordare la fontana da erigersi sulla piazza, avvisando potersi predisporre per ora la vasca, con gli sbocchi dell'acqua ad uso del pubblico, salvo di sovrapporle la parte ornamentale, cioè una statua od un gruppo a seconda del fondo, che si giungerà a formare coi contributi dei proprietari degli stabili adiacenti". La piazza, lastricata in blocchi di masegno disposti a spina di pesce e provveduta di opportuna fontana, sarebbe stata lasciata aperta, libera al movimento dei carri e destinata al commercio. Essendo lo spazio ubicato in un punto strategico, sul giunto di raccordo di varie strade tutte quante addette al commercio, occuparla con un giardino sarebbe stato quantomeno un grave errore. Di fatto il problema della fontana si risolse da sé. Nel 1868, alla morte di Massimiliano I, si costituì un Comitato di cittadini inteso a promuovere, mediante spontanei contributi, l'erezione di un monumento da collocarsi in una delle principali piazze della città. Si optò per Piazza Giuseppina poiché essendo spaziosa, accessibile da quattro vie e frequentatissima, si dimostrava luogo ideale ad ospitare l'opera. Nell'aprile del 1875 l'imponente statua dedicata a Massimiliano d'Austria, imperatore del Messico, fu posizionata al centro dello spazio. Il monumento, alto quasi dieci metri ed eseguito dallo scultore Johann Schilling, professore di belle arti a Dresda, volgeva idealmente il suo sguardo al castello di Miramar. Sugli angoli, alla base della colonna, quattro statue a mezza figura, rappresentanti i quattro punti cardinali, simbolo dello sviluppo commerciale e marittimo triestino, custodivano, attente, la dignità sovrana. Nel 1951 la statua venne rimossa e sostituita dalla fontana del Nettuno, trovando, appena dieci anni più tardi, nel 1961, adeguata ubicazione nel parco di Miramar. Si colse l'occasione per realizzare il progetto del giardino proposto all'epoca dall'ing. Macciacchini. La fontana, opera di Giovanni Mazzoleni da Bergamo, aveva decorato piazza della Borsa dal 1755 al 1920, così come ci ricorda l'iscrizione sulla vera. Nettuno, lo sguardo fieramente rivolto verso il mare, sorge dalle acque con in mano il tridente, ai suoi piedi tre cavalli fluviatili. Dando le spalle al mare si affacciano sulla piazza edifici di netto pregio architettonico come ad esempio Palazzo Revoltella, il cui proprietario, il barone Pasquale Rivoltella, noto commerciante triestino, fu un acceso sostenitore del Comitato per l'erezione del monumento in memoria dell'arciduca. L'edificio, in stile neoclassico secondo la moda imperante dei tempi, fu costruito tra il 1852 ed il 1859, su progetto dell'arch. F. Hitzig. La piazza, aperta sul lato mare, ha di fronte a sé un molo, chiamato anch'esso Giuseppino, edificato nel 1847 e prolungato tredici anni più tardi. Altri edifici di pregio si trovano al numero civico 6 e 7, opera di Valentino Valle e il palazzo al numero 1, noto ai più con il titolo di Casa Serba sul cui portone di ingresso una lapide, posta dalla Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa di Trieste nel 1953, ci ricorda che l'edificio fu un "Lascito di Cristoforo Scuglievich nostro grande benefattore, nato a Mostar il 22.IX.1843, morto a Trieste il 9.I.1909" Dopo la Redenzione, il 19 marzo 1919, la piazza ha cambiato denominazione assumendo quello di Piazza Venezia.
Piazza Venezia, situata all'interno del Borgo Giuseppino, costituisce il naturale prolungamento del Molo Venezia in terra ferma. Il vuoto che essa descrive, di forma pressoché quadrata di dimensioni di circa 55x55 m, costituisce una delle poche interruzioni della palizzata degli edifici che si prospettano sulle rive triestine. La forma dello spazio aperto è dettata dai percorsi viabilistici tra loro ortogonali che appartengono alla maglia del Borgo Giuseppino. Fa eccezione a questi la Via Torino.
Piazza Venezia è attualmente pavimentata a mezzo di un manto in asfalto, sotto al quale traspare localmente ancora l'originale pavimentazione in massello di arenaria. I marciapiedi con cordolo in pietra bianca sul lato nord-est e sud-ovest ospitano le sistemazioni esterne dei locali di ristorazione, oltre ad un filare di lecci di media dimensione con aiuola protetta da grigliato metallico zincato alternati ai lampioni di illuminazione pubblica in ghisa stile primo novecento. Al centro un'isola di forma quadrangolare circondata da platani di media dimensione ospita piccole aiuole delimitate da sassi in pietra carsica inverdite da siepi sempreverdi e la Fontana del Nettuno. La fontana, con vasca in pietra bianca bocciardata e gruppo scultoreo centrale in pietra calcarea, raffigura in piedi su una conchiglia il dio Nettuno con tridente metallico e tre cavalli fluviatili. All'angolo nord un'edicola trova posto in un box prefabbricato in alluminio.
Compilato in data: 2007