Catalogo dei beni culturali
Musei civici del comune di trieste
Nel mondo romano l’ambra fece la sua comparsa intorno alla metà del I secolo d.C., una volta pacificato il confine danubiano dell’Impero, area da cui probabilmente la commerciavano i popoli germanici. Essa giungeva infatti in Italia attraverso la “via dell’ambra”, un insieme di antichi percorsi transalpini che collegavano l’area adriatica orientale a quella danubiana, e Aquileia ne costituì il probabile terminale. Il periodo che copre in generale la fioritura della lavorazione dell’ambra nella città si svolse tra la metà del I e la fine del II secolo. La magistrale realizzazione del modellato plastico e la cura dei dettagli incisi fanno degli oggetti in ambra aquileiesi dei veri e propri capolavori, attribuibili a maestri locali che si erano formati alla scuola alessandrina.
Tra i pezzi più notevoli è il “Gruppo con Venere e altre figure”, una scultura a tuttotondo d’ambra rossastra inserita in un piedestallo di tipo monumentale, anch’esso in ambra; si tratta, come indicano i confronti con analoghi gruppi in bronzo da Pompei, di una elegante alzata per tavolino con un soggetto in armonia con il mondo muliebre.
Una placchetta mostra la figura scolpita in rilievo di un erote dormiente, che viene interpretata come Hypnos, in quanto il papavero nella sua mano deve essere letto come un simbolo del sonno e di conseguenza della morte: infatti nella tradizione antica i semi di papavero costituirono un segno funerario, legato all’idea del sonno eterno.
In ambra vennero poi realizzate molte raffinate figurine ornamentali, o bibelot, consueta presenza nel mondo muliebre romano. Per il particolare soggetto l’ochetta e il babbuino possono essere interpretati anche quali oggetti di carattere votivo: questi animali erano considerati parte del seguito del dio egizio Arpocrate, adorato anche in Aquileia romana.
La “Composizione con frutta” mostra un gusto naturalistico di ascendenza ellenistica riproponendo le nature morte presenti anche in mosaici e in affreschi campani. Le nature morte in ambra ebbero un impiego primario forse come Xenia o dono augurale offerto all’ospite e scambiato durante i giorni dei Saturnalia. Le numerose repliche rinvenute in corredi funerari - dove erano composte da più esemplari singoli di frutta di varie qualità o in composizioni multiple posate su una foglia o in un cesto - mostrano come costituissero offerte alle divinità dell’oltretomba: in questa accezione funeraria, la frutta risponde a un culto ctonio testimoniato ad Aquileia anche dalla presenza di piccoli frutti fossilizzati rinvenuti presso sepolture, voto propiziatorio per tutti i defunti.
Non mancano contenitori in ambra: una ricca lavorazione dell’intaglio, abile e accurato, avvolge un vasetto raffigurante un erote vendemmiante, che originariamente poteva contenere prodotti per la cosmesi femminile o spezie e aromi. Anche questo pezzo rimanda ad esemplari alessandrini, testimoniando i frequenti scambi di manufatti ed artisti tra l’Egitto e Aquileia.
Nella ricca produzione aquileiese di oggetti in ambra rientrano pendenti configurati e perle o vaghi di collane, ma anche anelli, catalogati in numero di 143, nei tipi con cerchio liscio, con castone inciso o configurato. Il loro uso sfugge oggi agli studiosi. Pare si tratti di una invenzione di epoca romana, ma se gli esemplari lisci potevano venir indossati, con valore di talismani o a scopo terapeutico, quelli decorati a rilievo risultavano certamente troppo ingombranti e fragili. Questa asserzione viene confermata dall’osservazione che i suddetti anelli non presentano fratture o segni di logorio dovuto all’uso: la loro provenienza, nei casi noti, da contesti funerari permette di sottolineare il valore propiziatorio dell’anello come simbolo di fedeltà, offerta della defunta agli dei degli inferi (Calvi 2005, p. 39).
Un’ultima curiosità è costituita della serie di vaghi infilati in un supporto rigido di bronzo: si tratta di una conocchia per filare.