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Storia dei pezzi di scultura classica dell’Accademia degli Arcadi Sonziaci

Fondata nel 1780 a Gorizia l'Accademia romana degli Arcadi Sonziaci solo quattro anni dopo venne trasferita a Trieste. Si trattava di un circolo di intellettuali che nella regione isontina (Sontius è il nome latino del fiume Isonzo) riecheggiava i fasti dell'Accademia madre istituita a Roma nel 1698 per promuovere l'attività letteraria, mantenere sempre vivo l'amore per le opere classiche e nel contempo istituire ricche biblioteche pubbliche. L'Accademia riunì una propria biblioteca, intitolata Pubblica Biblioteca Arcadica, che nel 1796 cedette al Comune per costituire il nucleo della Biblioteca pubblica della città di Trieste, l’odierna Biblioteca Civica. Inoltre radunò una piccola collezione di oggetti antichi, nucleo embrionale del Museo Civico di Antichità: si trattava di una raccolta molto eterogenea di pezzi per lo più di piccole dimensioni, ma anche di 28 pregevoli grandi sculture in marmo, erme, stele funerarie e rilievi votivi attici, databili dal V secolo a.C. all’epoca imperiale romana, con l’eccezione di un singolare frammento di rilievo di arte copta dal Cairo. Queste sculture, per le quali è ipotizzabile una provenienza dall’area siriano-egiziana e/o attica-egea per mezzo del ricchissimo conte Anton Cassis Faraone, accostano ai pezzi antichi anche marmi sei/settecenteschi. Molteplici ed evidenti sono i segni di rilavorazione, inserimento di parti aggiunte (molte delle quali già eliminate nelle successive fasi di restauro) ed iscrizioni moderne, probabilmente eseguiti, come ha chiarito lo studio di M. Messina, dallo scultore maltese Sigismondo Dimech agli inizi dell’Ottocento, sulla scorta degli esemplari antichi appartenenti al Museo Pio Clementino dei Vaticani.

Giuseppe de Coletti, membro dell’Accademia e poi primo bibliotecario della Biblioteca pubblica, nel 1803 fece compilare l’elenco e la valutazione dei pezzi posseduti dall’accademia e ne risultò un album in cui sono delineate le sculture più significative, utile strumento per la sicura attribuzione tra quelle oggi conservate nelle civiche raccolte.

Frequenti furono i traslochi della civica biblioteca e non furono senza qualche inevitabile perdita per i pezzi del museo. Nel 1810 in occasione del primo trasloco della biblioteca, le sculture di marmo passarono nel magazzino dei sali in Cavana e vi furono ricuperate appena nel 1821 e vennero esposte nell’atrio del Palazzo Biserini sull’odierna piazza Hortis.

Nel 1874 le statue furono trasportate a San Giusto e sistemate nell’allora eretto tempietto-gliptoteca dove oggi sono state nuovamente collocate, accanto al cenotafio di Winckelmann, dopo aver subito due nuovi spostamenti. Nel 1899 il tempietto era stato sgomberato da tutte le sculture greche e romane che non si adattavano al carattere prettamente storico e locale del lapidario, così furono trasportate nelle sale del museo, ospitate allora nel palazzo Biserini, dove furono ordinate alla meglio, come l’esiguità dello spazio lo poteva permettere. Nel 1924 insieme a tutto il materiale del museo anche le sculture vennero trasportate nella nuova sede del museo di Storia ed Arte di via della Cattedrale 15 e esposte nella galleria delle sculture classiche. Vi rimasero anche quando l’ambiente fu trasformato in deposito negli anni Sessanta, giacquero così nei magazzini fino al riallestimento del tempietto/gliptoteca inaugurato l’8 giugno del 2000.

Questa serie di sculture classiche greche e romane costituisce il nucleo più antico delle collezioni del Museo e bene si addice ad accompagnare il monumento del padre della Storia dell’Arte Antica J.J. Winckelmann, che teorizzò anche i lineamenti da seguire nel restauro delle opere classiche. Lineamenti evidentemente accolti nel restauro integrativo voluto dagli Arcadi Sonziaci sui loro pezzi. 

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